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I primi nove mesi del 2022 chiudono con investimenti complessivi in crescita a 1,9 miliardi e operazioni in aumento. Più che raddoppiato l’ammontare investito in realtà tricolori
Operazioni in aumento e investimenti nelle startup italiane più che raddoppiati. Nonostante il difficile contesto globale, si conferma il momento d’oro del venture capital italiano, che chiude i primi nove mesi del 2022 con tante luci e poche ombre. La fotografia del settore emerge dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeMTM, targato Aifi e Liuc, stando al quale i primi tre trimestri dell’anno passano in archivio con investimenti pari a 1,9 miliardi di euro.
Segno più anche sul fronte delle operazioni, in totale sono state 250 (initial e follow on), in aumento del 9% rispetto alle 230 dello stesso periodo del 2021. Anche se si guarda solo ai nuovi investimenti, initial, il risultato è positivo: 223 contro i 208 dell’anno prima.
Per quanto riguarda l’ammontare investito sia da operatori domestici che esteri in startup italiane, il valore si attesta a quasi 1,7 miliardi di euro distribuiti su 234 round, in crescita del 109% rispetto a poco più di 800 milioni per 207 operazioni dei primi tre trimestri del 2021.
L’unico segno seno riguarda l’ammontare investito in realtà estere fondate da imprenditori italiani che registra invece un deciso rallentamento, passando da quasi 900 milioni a circa 210, con un numero di operazioni in diminuzione rispetto all’anno precedente: 16 round contro 23.
Sommando queste due componenti, il totale complessivo si attesta comunque a 1,9 miliardi di euro, in crescita rispetto agli 1,7 miliardi del periodo gennaio-settembre 2021.
“I primi nove mesi dell’anno sono la dimostrazione che il venture capital è ormai in una nuova fase di sviluppo di cui trae beneficio diretto l’innovazione italiana”, osserva Anna Gervasoni, professore Liuc – Università Cattaneo, che sottolinea come gli investimenti in startup italiane siano stati realizzati anche grazie al contributo di deal con ticket di oltre 300 milioni. “Questo dimostra che anche in Italia si possono chiudere round di investimento di grandi dimensioni”, sottolinea la Gervasoni.
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