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Per gli esperti dell’asset manager svizzero le spinte inflazionistiche alle quali abbiamo assistito negli ultimi mesi non dovrebbero preoccupare perché causate da fattori momentanei
L’inflazione ha tenuto banco sui mercati negli ultimi mesi, dopo che il carovita negli Stati Uniti ha raggiunto il 5% a maggio nel confronto annuo, l’aumento più forte dal 2008. Un rischio di cui occorre tener conto nelle proprie scelte di portafoglio, anche se per gli esperti di Vontobel dovrebbe trattarsi di un fenomeno momentaneo, destinato a rientrare già dal 2022. Il tema è stato al centro del Vontobel Summer Outlook, evento in cui si è discusso di come ripensare l’allocazione di portafoglio in vista dell’estate. “Finora i mercati hanno trattato il pericolo inflazione come un rischio momentaneo”, ha sottolineato Gianluca Ungari, head of portfolio management Italy di Vontobel. “Tanto che il rendimento dei treasury a dieci anni ha visto delle oscillazioni minime, scendendo a 1,50% rispetto all’1,60% dei primi di giugno”. Un orientamento che rispecchia le convinzioni della Fed “il cui numero uno, Jerome Powell, ha sottolineato come le spinte inflazionistiche negli Stati Uniti sono legate a fattori temporanei, attendendosi un ritorno su valori attorno al 2% già per il 2022″.
Un fenomeno temporaneo
Una convinzione condivisa da Mondher Bettaieb-Loriot, head of corporate bonds di Vontobel, che ha evidenziato come il tema inflazione negli Stati Uniti non dovrebbe essere motivo di preoccupazione per gli investitori. A causare il rialzo, secondo l’esperto, sono fattori temporanei che risiedono, oltre che nella corsa dei prezzi delle materie prime, anche nello squilibrio tra la forte domanda e l’offerta limitata, per beni ad esempio come le auto usate. Mentre tra gli elementi che dovrebbero favorire un contenimento dell’inflazione l’esperto cita la crescita dei salari che sta tornando a un range di normalità del 2-4% anno su anno. Oltre a questo, “è appena iniziata la rotazione nella domanda dai beni ai servizi e questa è un’indicazione che lo slancio di produzione ha probabilmente raggiunto il picco, il che di norma porta a periodi meno inflazionistici”. Il tema sta tenendo banco anche nell’Eurozona, dove il carovita è salito dall’1,6% di aprile al 2% di maggio, con il rialzo più forte che ha interessato la Germania, da sempre tra i paesi più allergici a eccessivi rialzi del carovita dove, secondo stime della Bundesbank, l’inflazione potrebbe raggiungere il 4% entro la fine dell’anno, il livello più alto dall’introduzione dell’euro. Numeri che, secondo Bettaieb-Loriot, non dovrebbero destare eccessivi allarmismi. A contenere l’inflazione dell’area euro dovrebbero infatti contribuire anche i dati sui prestiti al consumo “che hanno iniziato a recuperare, ma potrebbero non tornare ai livelli pre-Covid finché persiste l’incertezza sul lavoro”. Un quadro in cui il tema inflazione resta comunque un aspetto da monitorare con grande attenzione, secondo Ungari, considerate le potenziali conseguenze per i tassi di interesse.
L’allocazione di portafoglio
In questo contesto, la view di Vontobel è positiva sugli asset più rischiosi che hanno visto performance molto positive negli ultimi mesi. Il riferimento è in particolare all’azionario Europa, “che mostra una crescita degli utili superiore a quella degli Stati Uniti e che dovrebbe proseguire in questo percorso di sovraperformance. Restiamo inoltre sovrappesati sulle commodities, per le quali potrebbe essere iniziata una fase di superciclo, e su valute come lo yen giapponese”. Infine, lato bond, “l’asset class che ha più risentito finora delle pressioni inflazionistiche, vediamo valore nel mondo del credito, con sovrappeso su investment grade e high yield, in particolare dei mercati emergenti”, conclude.
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