Per Matteo Villani, head of Institutional Clients Italy di Vontobel, la più grande trasformazione cui va incontro l’industria italiana dell’asset management è quella relativo al modello di servizio. Costi bassi o un’offerta da boutique le due opzioni sul piatto. Ma nel futuro della casa c’è anche altro
Matteo Villani, head of Institutional Clients Italy di Vontobel
“Una scelta di campo tra qualità e quantità, tra costi e livello di servizio”. Anche se la priorità del presente è cercare di recuperare terreno sull’amministrato e governare il cambio di approccio ai tassi delle banche centrali, il futuro potrebbe riservare questa prospettiva agli asset manager attivi in Italia. A sostenerlo è Matteo Villani, head of Institutional Clients Italy di Vontobel, secondo cui l’industria tricolore sarà posta di fronte a un aut-aut dall’impatto forse anche più trasformativo dell’intelligenza artificiale o di altri fenomeni secolari: quello relativo al modello di business. E poiché proprio la Penisola è un mercato cruciale per le strategie del gestore svizzero, la redazione di FocusRisparmio ha raggiunto il responsabile dell’asset management per l’Italia per capire come si muoverà per farsi trovare pronto al fatidico appuntamento.
Se dovessi proiettarmi in un futuro che dista cinque anni da oggi, la prima cosa a risultare cambiata sarebbe il modo in cui proponiamo i nostri prodotti ai clienti. La forte concorrenza che contraddistingue il mercato italiano, con player sempre più numerosi e specializzati ma anche un’innovazione di prodotto sempre più difficile da proteggere nel tempo, imporrà una marcata distinzione tra mass market e clientela premium. In altre parole, le case di gestione dovranno decidere se puntare sui volumi, cioè rivolgersi ai tanti che vogliono prodotti ben gestiti ma a basso costo, oppure sulla sofisticazione, cioè cercare di intercettare una clientela di servizi da boutique. E chi rimarrà a metà del guado non potrà che venire tagliato fuori.
E l’intelligenza artificiale? Che ruolo giocherà in questo processo?
Soprattutto con riferimento all’intelligenza artificiale generativa, questa tecnologia viene da molti indicata come il fattore di maggiore disruption ma sono convinto che si imporrà semplicemente come strumento per migliorare ancora di più l’efficienza. E penso che anche la tanto temuta concorrenza dei big tech rappresenti solo uno spauracchio, perché il nostro settore è talmente regolamentato da impedire a un operatore esterno di avventurarsi in incursioni piratesche.
Il 2023 ha visto il risparmio gestito italiano subire una forte concorrenza da parte dell’amministrato, complice anche lo spostamento di molti clienti verso prodotti obbligazionari e titoli di Stato. Come è iniziato il nuovo anno e come proseguirà, specie ora che la Banca centrale europea si è decisa a tagliare i tassi?
I riscatti per 50 miliardi di euro del 2023 derivano dalla combinazione di alti tassi di interesse e delle scorie di un 2022 che si è contraddistinto per un’anomala correlazione al ribasso tra mercato azionario e obbligazionario. Due fattori tali da spingere molti investitori a ricercare rendimento altrove dopo l’ennesima delusione ricevuta dal reddito fisso. L’anno in corso è iniziato nello stesso segno, cioè con una forte attenzione verso i titoli di Stato e gli operatori a inseguire tramite soluzioni a scadenza, ma c’è un elemento di novità da non trascurare: il mercato ha iniziato a scontare un allentamento monetario. E ora che la sforbiciata è effettivamente arrivata, i margini per un recupero delle soluzioni gestite non possono che aumentare: poiché l’allentamento monetario sarà infatti un processo lungo e non lineare, con rischi di coda legati a un’inflazione dei servizi ancora resistente, chi ha comprato strumenti monetari a breve termine quando andranno in scadenza non troverà più gli stessi tassi e quindi dovrà optare per portafogli più diversificati per ottenere gli stessi rendimenti del passato o perfino superiori.
Ha menzionato la tendenza di molti asset manager attivi a sviluppare fondi a scadenza per cercare di replicare le caratteristiche dei BTP. Pensa proseguirà oppure ci sono spiragli per un ritorno sulla scena di altre strategie?
Tra le famiglie di soluzioni d’investimento che più vedremo tornare alla ribalta nei prossimi mesi c’è quella multi-asset. È stata la classe che in questi anni ha subito i maggiori riscatti e la causa va ovviamente ricercata nella componente difensiva di portafoglio, cioè quella obbligazionaria, che ha finito per peggiorare le performance complessive con un apporto negativo. Stiamo però andando incontro a una normalizzazione del mercato, con il ripristino della classica correlazione negativa bond-equity, e allocare le asset class non più in modo tradizionale ma in base al rischio relativo tornerà a essere una capacità fondamentale. Ecco perché crediamo siano prodotti destinati a recuperare l’appeal perduto, anche se in abbinamento con altri approcci. Come Vontobel crediamo molto nel segmento e non mancheremo di proporlo ai clienti nella consapevolezza che, dopo anni di mercati in trend in cui è stato sottovalutato, il valore aggiunto della gestione attiva verrà riscoperto.
Quali asset class hanno contribuito maggiormente alla raccolta di Vontobel in questo primo semestre nel segmento wholesale-retail e tra gli istituzionali. Come ha influito la scelta di unire distribuzione al dettaglio e tramite fund selector, formando il canale “distribution”? Cosa vi aspettate da questo schema per il futuro?
Prima di tutto l’obbligazionario flessibile, con la nostra boutique TwentyFour Asset Management che ha riscontrato grande successo per il comparto che investe in tutto lo spettro del reddito fisso con una duration da zero a sette anni. Sia nel segmento retail sia tra gli istituzionali, ci hanno poi regalato particolari soddisfazioni il credito investment grande e il debito sostenibile da mercati emergenti. Sul mercato azionario, anche se a gennaio-febbraio alcuni investitori professionali hanno fatto de-risking, riscontriamo invece molto interesse per le soluzioni global equity. Altro comparto positivo è rappresentato dai prodotti tematici sulla sostenibilità, con il fondo Global Environmental Change nello specifico che è stato sottoscritto soprattutto da fondi pensione e casse di previdenza interessati a contenere i cambiamenti climatici. Quanto alla scelta di creare il canale ‘distribution’, intrapresa due anni fa a partire dalla consapevolezza che i fund selector si occupano anche della selezione per i mandati dei vari distributori, possiamo dire di sentirci soddisfatti: avere nella stessa unità sia chi si occupa di collocare i prodotti sia chi ne cura l’ideazione e lo sviluppo non solo è più efficiente ma permette anche di intercettare uno dei fenomeni che più sta interessando il mercato italiano del risparmio gestito: la sempre maggiore personalizzazione dell’offerta tramite creazione di nuove soluzioni in partnership.
Qual è il peso attuale dell’Italia sulle vostre masse e quali sono obiettivi per il mercato tricolore?
L’Italia ha un peso significativo sulle masse totali di Vontobel e rientra a pieno titolo tra i tre mercati chiave del gruppo, subito dopo la Svizzera e il Regno Unito. Una posizione che testimonia non solo come l’industria tricolore sia più avanti rispetto a quelle di molti altri Stati europei ma anche quanto la Penisola stia diventando un ambiente competitivo in termini di offerta e qualità dei player. Quanto al futuro, le nostre ambizioni sono ben sintetizzate dal piano industriale al 2030 e partono proprio da questa consapevolezza: con gli intermediari che stanno riducendo gli interlocutori e l’innovazione di prodotto sempre più effimera, siamo convinti che il vero vantaggio competitivo per una casa come la nostra risieda nel livello di servizio anziché nei costi o in altri aspetti. Ecco perché non ci siamo posti obiettivi quantitativi in senso stretto ma puntiamo piuttosto a diventare ancora più capillari nei segmenti meno esplorati e rientrare tra i dieci brand preferiti da ogni tipologia di clientela.
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