Per Vanguard, nei prossimi 30 anni in Italia passerà di mano un’enorme ricchezza. E i consulenti dovranno conquistare sia donne che giovani. Specializzazione e flessibilità le armi per farlo
Nell’arco dei prossimi 30 anni in Italia passerà di mano un patrimonio complessivo di 3.800 miliardi di euro. A stimarlo sono gli esperti dell’Advisory Research Centre di Vanguard, secondo cui questo enorme trasferimento generazionale di ricchezza rappresenta una difficile sfida per i consulenti finanziari intenzionati a coglierne le opportunità. Il loro successo dipenderà infatti dalla capacità di coinvolgere gli eredi, offrendo proposte in grado di soddisfare nuove esigenze e preferenze. Con due parole d’ordine: flessibilità e specializzazione.
Le insidie del ‘grande trasferimento di ricchezza’
Fabrizio Zumbo, senior specialist dell’Advisory research centre di Vanguard
Attualmente, la ricchezza del nostro Paese è detenuta in modo asimmetrico dalle generazioni più anziane rispetto a quelle più giovani. Si tratta appunto di cifre enormi, determinate dai cambiamenti demografici e dall’apprezzamento sostanziale degli asset, compreso un importante patrimonio immobiliare. “Gestire queste risorse legate al passaggio generazionale può essere difficile per i nuclei coinvolti”, avverte Fabrizio Zumbo, senior specialist dell’Advisory research centre di Vanguard. Secondo la società di consulenza americana Williams Group, ad esempio, fino al 70% delle famiglie benestanti perde la propria ricchezza entro la generazione successiva e fino al 90% entro la terza. Ovviamente i patrimoni vengono suddivisi e tassati, e ciò che rimane può essere semplicemente impiegato in modo ragionevole e non eccessivo. Ma l’analisi Vanguard fa notare che, allo stesso tempo, gran parte di queste fortune viene spesso persa inutilmente per motivi legati alla mancanza di comunicazione tra gli eredi ma anche alla non pianificazione o alla mancanza di allineamento sugli obiettivi finanziari. Di qui, la sfida che attende i professionisti degli investimenti.
Obiettivo: donne e giovani
Zumbo ricorda come la traiettoria iniziale di una successione ereditaria sia tradizionalmente orientata a favore del partner femminile. Le donne vivono infatti mediamente più a lungo degli uomini e sono in genere leggermente più giovani dei coniugi. “Vi è tuttavia un’elevata propensione da parte loro a non rivolgersi più al consulente del compagno dopo la sua morte”, precisa lo studio. La ricerca indica infatti che ciò avviene perché l’advisor non ha costruito con questa una relazione o perché non è stato in grado di dimostrare di comprendere adeguatamente gli obiettivi e le modalità di coinvolgimento preferite delle donne. Stesso discorso per i figli. Uno studio di Cerulli Associates rivela come l’87% di loro consideri improbabile l’eventualità di mantenere il professionista dei propri genitori al momento dell’eredità. Anche in questo caso, tra le cause viene menzionata la mancanza di coinvolgimento diretto e la preferenza per profili raccomandati dai coetanei o con i quali hanno rapporti già esistenti.
L’analisi Vanguard mostra come anche per i consulenti le sfide possano derivare dal loro stesso coinvolgimento. Potrebbero, ad esempio, essere più vicini per età o carattere al cliente piuttosto che ai figli e non avere quindi una comprensione approfondita delle preferenze o dei principi degli eredi per quanto riguarda la gestione della ricchezza. Oppure potrebbero incontrare notevoli difficoltà nel mantenere una famiglia come cliente, se i servizi non sono da questa considerati in grado di apportare un valore aggiunto costante. Infine, la suddivisione del patrimonio può anche implicare che i successori si ritrovino con fette più piccole rispetto a quelle su cui il professionista tipicamente opera, circostanza che rende antieconomico seguirli. Secondo il Vanguard Advisory research center, probabilmente si assisterà a un passaggio da un numero minore di portafogli di investimento più grandi a un numero maggiore di portafogli più piccoli (almeno inizialmente). “Ciò che vediamo oggi sembrerebbe anche indicare che”, spiega Zumbo, “gran parte di questa ricchezza avrà nuovi detentori e sarà gestita da un nuovo consulente o non sarà gestita affatto”. Il tutto con la precisazione che i rapporti con gli eredi diventerà più competitivo: “Alcuni consulenti riusciranno a costruire la propria attività sulla base di questo trasferimento di ricchezza mentre altri avranno difficoltà”, osserva.
Flessibilità e specializzazione
Ne deriva che i professionisti capaci di interagire con la prossima generazione nel modo e al momento giusti godranno di un vantaggio considerevole. E, stando a Vanguard, comprendere le differenze legate al genere e all’età potrebbe essere la chiave per mantenere la fiducia dei clienti durante il processo di trasferimento. “Per facilitare la relazione, spesso è necessaria una certa dose di flessibilità”, fa notare Zumbo. I consulenti potrebbero infatti aver bisogno di incontrare i gruppi familiari in diverse configurazioni, a seconda dei desideri del cliente principale, oppure assegnare advisor specifici a determinati eredi. Inoltre, in particolare gli individui con un patrimonio elevato (Hnwi) potrebbero desiderare di implementare alcuni livelli di protezione. “Anche i rapporti familiari si modificano nel tempo e non vi è alcuna garanzia che le priorità iniziali di un individuo rimangano immutate nel corso del processo di consulenza”, prosegue l’esperto, specificando che un contatto frequente e continuo consente di sviluppare soluzioni che si adattino e si evolvano al passo con le esigenze del cliente.
Altro aspetto da prendere in considerazione è poi quello di valutare lo sviluppo di proposte specializzate sul trasferimento di ricchezza che vadano oltre la pianificazione finanziaria e le tradizionali soluzioni di investimento. Si potrebbe prevedere, ad esempio, l’integrazione dei rispettivi servizi di consulenza con una rete di fornitori di servizi di fiducia, come broker di prestiti o assicurativi ma anche consulenti fiscali e avvocati, a seconda della relazione con il cliente. “Un approccio specialistico può liberare tempo da dedicare alla costruzione di relazioni e alle necessarie conversazioni sulle disposizioni ereditarie”, conclude Zumbo. Inoltre, questo modus operandi consente potenzialmente al consulente di gestire un numero maggiore di clienti.
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